destionegiorno
Sono originario di Cuorgnè (TO), un paese nel verde Canavese, non lontano dal Parco Nazionale del Gran Paradiso, dove fischia la marmotta, saltella il camoscio e regna maestoso lo stambecco...comunque anche la grandiosa capitale sabauda non dista molto, intrisa di storia...Da un pò d'anni abito a ... (continua)
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Marco Cortese
Le sue 851 poesie
Quando solitudine s’avventa,
allor fuga si cerca
e in mille cose ci s’arrabatta,
alfin di lasciar tal compagnia
Tal nefasta preme e sventra
e pur sì sfianca
in continua battaglia,
che ci si getta anco in ignavia
E divien difficile cercare
ciò
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D’aureole coronati
s’ergono nell’alto dei cieli,
dai visi trasognati
di splendore celeste
Giammai adirati,
lor sguardo posano
sulle genti affaticate,
lor mano è d’aiuto divino
Giù, in terra
sol corpo resta,
che l’animi son con
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In un giorno d’autunno
caduche foglie avvizzite
seminano lo stanco selciato,
prono all’imbrunire
Il tempo s’arresta
su scarne ramificazioni
di fronde sfrondate,
d’Eolo rapite
Gemono i campi
dalla fredda terra divorati,
marci e calpestati
da
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All’imbrunire
di un’ultima sera
dell’incauto ottobre,
fosco cede il Sole,
di fatica ammantato
Divien greve il passo,
che il lavoro ha portato,
un poco di prostrazione
per l’indaffarato
Or fioca è luce
ed alla dimora si protende,
anelito
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In tal piega di vita
mi ritrovai d’improvviso,
che già di Dante le bestie vedea
e tutto parea inviso
Tal oscurità rapprese,
che’l cammin divenne incerto
e pur destino pareva avverso
Poi di Beatrice sognai il sorriso,
anco s’ella con me non
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Il ciel s’oscurò
di nubi s’addensò,
in riserbo di tormenta
nuvole si fecero zampillanti
E venne il vento
in sapore di vendetta
ad attanagliar l’avite fronde
grondanti di caduche foglie
In gemito si pose Natura,
che tutto perso parea,
dippoi
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Irto verso il ciel
di profumo Natura assaporo,
o casta diva
nel sorregger imploro
Distolgo l’occhi dal velo
a rimirar fuggente nube
repentina l’albero baciante
sfogliante di clivi decomposti
Fugge l’occhio avanti e in ritroso,
osservatore in
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Se inquietudine m’accoglie,
d’altra compagna lieto sarei,
ma v’è un tal mal
che mi confonde
e mal mi contorce
Che’l provenir è chiaro poco,
ché origine si presta poco
al risolver in cura,
che sì si cela
e non ne esce nel comprendere
Allor la
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Se’l tormento s’impone
in qualsivoglia posa
e retta vita frappone
nel consueto vivere,
allor ci s’indispone
e’l pensier altrove involo cerca
Par essere via mesta,
che’l combatter par eterno,
come sempre fosse verno
e si cerca e non si
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Che me ne cala
se’l tempo s’arresta,
che mia vita non s’assesta?
Cerco vie
che mai trovo
e ne esco alquanto logoro
Che me ne cala
se non mi avviene ridesta,
che il mio passo è malfermo?
Cerco orizzonti
mai percorsi,
ma ricevo solo
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Ed ecco Dante, il divino,
senza dubbio il primo,
d’inferno, purgatorio, paradiso, affino,
dal verso sopraffino
Poi giunge Petrarca, l’amoroso,
del canzoniere famoso,
dell’umanesimo precettore,
d’arte nuova inventore
Infine vien Boccaccio, il
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V’è n’amica che resta in pena,
ma al mal combatter
è sì fiera,
tanto sferra sì gran colpi!
Lei ha negli occhi luce tanta
e’l suo sorriso sbaraglia,
che all’inceder suo abbaglia,
tanto è la sua baldanza
Allor Male fuggi via,
che star non
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Fu il dì di San Francesco,
te ne andasti,
come sibilo al vento,
d’improvviso, senza tormento
Da te passai
e l’azzurri tuoi occhi
ti chiusi, lancinato dal dolore
e sconforto del tuo consorte
Non riuscì il pianto mio,
che tal parea tutto
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E alla maniera d’Aretino,
caddi in disgrazia di sesso,
che sol poetar potevo, meschino,
in guisa di fesso
Marchiato ero
d’infimo destino,
o sì davvero!
In tal moto infino
Ria via mi trasse
in tenebra d’inganno,
che fuggir non potea senza
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Apollo in vanto
d’aver vinto su Pitone,
di frecce sue trafitto,
pose in questio Cupido
"I tuoi dardi valgono poco!"
Allorché Apollo così contrappose
il Cupido in dileggio,
l’infido putto tuonò scosse
in tal ferito oltraggio
e vendetta
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Poesie
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